I quesiti sul decreto 81: sugli obblighi per snc familiari
1 Ottobre 2018COME RINTRACCIARCI
13 Ottobre 2018Nei diversi confronti con realtà industriali e non del territorio, si riscontra che taluni non hanno ancora ben chiaro quale impatto negativo per l’impresa, non importa la dimensione, può avere l’assenza di un Modello Organizzativo di Gestione, secondo quanto richiesto e previsto dal D. Lgs. 231/01 e smi.
Proviamo allora a fare una breve sintesi.
Fino a qualche anno fa vigeva il principio contenuto nel brocardo “societas delinquere non potest”.
Una società, persona giuridica, non può commettere reati.
Con l’introduzione del succitato D. Lgs. 231/01 invece si è introdotto un principio in cui “Societas puniri potest”, individuando e regolamentando la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche.
Una forma di responsabilità delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni per i reati commessi (da persona fisica) nell’interesse o a profitto dell’ente collettivo.
Nel contesto europeo il principio di responsabilità penale della societas era già una realtà in molti paesi ed è da tale esperienza giuridica che è scaturita la Convenzione OCSE di cui l’Italia è firmataria e di cui la normativa in esame ne costituisce il recepimento.
La mancata adozione e/o attuazione di un valido modello di organizzazione e gestione volto a evitare la perpetrazione del reato posto in essere dalla persona fisica in pro dell’ente ne attribuisce una responsabilità di natura colposa in capo alla società (in specie da cd. “colpa organizzativa”).
Nominalmente tale responsabilità è etichettata come amministrativa, tuttavia, i numerosi ed espressi richiami del legislatore alla disciplina penalistica, ne celano, in realtà, una natura intrinsecamente penale.
Quali ambiti possono essere interessati dai cosiddetti reati presupposto e commessi più comunemente per interesse o vantaggio dell’ente?
Societari – Ambientali – Sicurezza e Igiene sul lavoro.
Tutti sono già regolamentati da leggi specifiche naturalmente ma, come si diceva precedentemente, venivano e vengono commessi dal singolo o meglio, da coloro che ne possono essere personalmente responsabili per negligenza, imprudenza ed imperizia.
Perché una società può commettere tali reati?
Per risparmiare, per ricavarne benefici economici, per mantenere prezzi più bassi, per non pagare tasse o pagarne il meno possibile ad es.
Tu ente (società o associazione) sei consapevole dei possibili reati che la società può commettere?
Ti sei organizzato per fare in modo che le figure apicali, stakeholders o sottoposti non commettano tali reati per interesse e vantaggio dell’ente?
Hai messo in piedi un modello organizzativo tale per cui vi siano ruoli con specifiche competenze individuabili e controllabili, al fine di contenere la commissione di tali reati presupposto?
Questo modello, al di là della forma e contenuto, è stato efficacemente adottato e quindi diffuso, sia al proprio interno sia verso l’esterno?
Hai tu ente individuato e pubblicato i prìncipi etici che ti contraddistinguono?
Ed infine tu ente, nel caso in cui questo modello sia disatteso, e quindi si risponde all’obbligo di adozione efficace dello stesso, hai previsto e messo in atto un regolamento disciplinare?
Quali sanzioni sono previste?
Anche per questo tema si rimanda al testo completo.
Qui di seguito alcune indicazioni.
Le sanzioni previste ex art. 9 ss. D.Lgs. 231/01 hanno varia natura e consistono:
a) sanzione pecuniaria: viene espressa in quote il cui valore può variare, ex art. 10 ss. D.Lgs. 231/01, da un minimo di € 258,228 ad un massimo di € 1.542,37.
L’importo della quota è fissato ed è determinato, ex art. 11, D.Lgs. 231/01, in base alle condizioni economico patrimoniali dell’ente.
La sanzione è comminata dal Giudice penale per un importo non inferiore a 100 quote e non superiore a 1.000 quote in base alla gravità del fatto, al grado di responsabilità dell’ente ed all’attività svolta per eliminarne o attenuare le conseguenze del fatto medesimo.
Come indicato dal punto 5.1 della Relazione al Decreto 231/01, il Giudicante dovrà quantificare la sanzione tenendo conto della condizioni economico patrimoniali dell’ente, in virtù di ciò “…potrà avvalersi dei bilanci o delle altre scritture comunque idonee a fotografare tali condizioni. In taluni casi, la prova potrà essere conseguita anche tenendo in considerazione le dimensioni dell’ente e la sua posizione sul mercato. … Il Giudice non potrà fare a meno di calarsi, con l’ausilio dei consulenti, nella realtà dell’impresa, dove potrà attingere anche le informazioni relative allo stato di solidità economica, finanziaria e patrimoniale dell’ente”.
Varrà altresì rilevare come, ex art. 12, D.Lgs. 231/01, siano espressamente previsti dei casi di riduzione della sanzione pecuniaria, tuttavia, la sanzione medesima, non potrà comunque essere irrogata in misura inferiore a € 10.329,14.
b) la confisca: con la sentenza di condanna (ex art. 19, D.Lgs. 231/01) viene sempre disposta la confisca, anche per equivalenti, del prezzo o del profitto del reato, salvo per la parte che può essere restituita al danneggiato e fatti salvi i diritti acquistati dai terzi.
c) pubblicazione della sentenza di condanna: nel caso di irrogazione della sanzione interdittiva l’art. 18 D.Lgs 231/01 prevede la comminazione dell’ulteriore sanzione della pubblicazione della sentenza.
d) – Le sanzioni interdittive (vengono comminate in virtù dell’ulteriore sussistenza di almeno una delle condizioni di cui all’art. 13, D.Lgs. 231/01, determinate ad esempio dal rilevante profitto tratto dall’ente o dalla reiterazione del reato), consistono in:
d.1) interdizione dall’esercizio dell’attività;
d.2) sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito;
d.3) il divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;
d.4) l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi;
d.5) il divieto di pubblicizzare beni o servizi.
L’applicazione delle sanzioni interdittive ha carattere temporale (a parte il disposto dell’art. 16, D.Lgs. 231/01 che prevede l’interdizione definitiva dall’esercizio dell’attività), ed è ridotta nei casi previsti ex art. 12, D.Lgs. 231/01.
Ovviamente queste poche righe non hanno la pretesa di trattare completamente un argomento così complesso ed articolato.
Un corposo elenco di reati presupposto regolamentati dal D. Lgs. 231/01 sono facilmente reperibili nel web.
Una raccomandazione che ci permettiamo è di non sottovalutare l’argomento e di affrontarlo con serietà.
Per piccola che sia la realtà, un modello non potrà mai essere di poche pagine e prevede uno sforzo di approfondimento utile a controllare nel proprio interno le competenze necessarie.
EB Sicurezza e Ambiente, per i propri ambiti, insieme ad una cordata di legali di grande esperienza e competenza sul tema, si mettono a disposizione per individuare la migliore soluzione, anche con erogazione di percorsi formativi specifici, per far sì che qualsiasi realtà possa individuare il migliore modello organizzativo per non incorrere nella commissione di reati presupposto.p con conseguenze severe.
fonte: http://www.altalex.com/documents/news/2010/05/14/societas-puniri-potest-la-responsabilita-amministrativa-delle-persone-giuridiche