GDPR e protezione dei dati
29 Settembre 2018231 – societas puniri potest
11 Ottobre 2018L’altra sera, per la rituale pizza del fine settimana, si è affrontato, senza volerlo, il complesso mondo dell’identificazione del Datore di lavoro nelle imprese famigliari o dove tutti sono soci.
Tralasciando gli eventuali risvolti di ordine risarcitorio in sede civile, crediamo di estrema utilità questo approfondimento che riportiamo integralmente.
Quali disposizioni del D. Lgs. n. 81/2008 si applicano ad una società in nome collettivo costituita da tre fratelli che gestiscono degli esercizi commerciali e che prestano l’attività lavorativa per conto della stessa? Quelle relative all’imprese familiari e quindi quelle contenute nell’articolo 21 di tale decreto o quelle relative alle società e quindi tutte le disposizioni del decreto medesimo?
Nei casi analoghi a quello prospettato che vedono impegnati in una azienda parenti e congiunti la prima cosa da fare, ed è quello che farebbe il personale degli organi di vigilanza nel caso di una eventuale visita ispettiva, è quella di inquadrare il tipo di organizzazione di lavoro con cui si ha a che fare e cioè accertare in particolare se si è in presenza di una impresa familiare, costituita dal titolare e da collaboratori familiari, oppure di una organizzazione di tipo datoriale composta da un soggetto che riveste la funzione di datore di lavoro e da altri che hanno con questi un rapporto di subordinazione. Tutto ciò per stabilire appunto se nel caso in esame sono da applicare le disposizioni di cui all’art. 21 del D. Lgs. n. 9/4/2008 n. 81 e s.m.i. e di cui all’art. 26 nel caso di lavori affidati in appalto o quelle invece di tutto il decreto legislativo medesimo.
Sull’impresa familiare c’è da fare, in premessa, delle considerazioni che lo scrivente ha già avuto modo di illustrare in occasione della risposta ad altri analoghi quesiti e che ad ogni buon fine si ritiene qui opportuno richiamare.
L’impresa familiare è una di quelle organizzazioni di lavoro alle quali il legislatore ha inteso concedere degli “sconti” sugli obblighi in materia di salute e sicurezza sul lavoro che ha posto in generale a carico di tutte le aziende. La stessa nel D. Lgs. n. 81/2008 è esplicitamente richiamata nell’articolo 3, riportante il campo di applicazione di tale decreto, con il quale al comma 12, così come modificato dal decreto correttivo 3/8/2009 n. 106, è stato stabilito che “nei confronti dei componenti dell’impresa familiare di cui all’art. 230-bis del codice civile, dei coltivatori diretti del fondo, degli artigiani e dei piccoli commercianti e dei soci delle società semplici operanti nel settore agricolo si applicano le disposizioni di cui all’articolo 21”.
Tale art. 21 del D. Lgs. n. 81/2008 è quello che ha fissato appunto le disposizioni a carico dei componenti dell’impresa familiare di cui all’art. 230-bis del codice civile oltre che a carico dei lavoratori autonomi. Con esso è stato stabilito che:
“1. I componenti dell’impresa familiare di cui all’articolo 230-bis del codice civile, i lavoratori autonomi che compiono opere o servizi ai sensi dell’articolo 2222 del codice civile, i coltivatori diretti del fondo, i soci delle società semplici operanti nel settore agricolo, gli artigiani e i piccoli commercianti devono:
a) utilizzare attrezzature di lavoro in conformità alle disposizioni di cui al titolo III;
b) munirsi di dispositivi di protezione individuale ed utilizzarli conformemente alle disposizioni di cui al titolo III;
c) munirsi di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le proprie generalità, qualora effettuino la loro prestazione in un luogo di lavoro nel quale si svolgano attività in regime di appalto o subappalto.
2. I soggetti di cui al comma 1, relativamente ai rischi propri delle attività svolte e con oneri a proprio carico hanno facoltà di:
a) beneficiare della sorveglianza sanitaria secondo le previsioni di cui all’articolo 41, fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali;
b) partecipare a corsi di formazione specifici in materia di salute e sicurezza sul lavoro, incentrati sui rischi propri delle attività svolte, secondo le previsioni di cui all’articolo 37, fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali.”
Per meglio inquadrare il campo di applicazione dell’art. 21 del D. Lgs. n. 81/2008 e s.m.i. è opportuno ora precisare però cosa si intende per impresa familiare alla luce del succitato articolo 230-bis del codice civile. Essa è una impresa nella quale prestano attività lavorativa in maniera abituale il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado del titolare i quali vengono considerati collaboratori familiari. Il collaboratore familiare dell’imprenditore, proprio in virtù della sua particolare posizione rivestita, non assume la veste di lavoratore subordinato ed è da escludere anche che la sua attività possa essere considerata come lavoro dipendente o che lo stesso possa essere equiparato ad un socio di una società. Il rapporto che viene a costituirsi in una impresa familiare fra il titolare ed i suoi componenti, infatti, è un rapporto del tutto “sui generis” in quanto in esso non si riscontrano le caratteristiche di un rapporto subordinato perché, al di là di una effettiva subordinazione, mancano elementi quali l’obbligo del rispetto di un orario di lavoro ed il diritto ad una compenso che nella circostanza più che da una vera e propria retribuzione è rappresentato dalla sua partecipazione agli utili di impresa secondo la qualità e la quantità dell’attività dagli stessi prestata.
E’ a carico dei componenti dell’impresa familiare così come sopra definita che si applicano gli obblighi indicati nell’art. 21 del D. Lgs. n. 81/2008 i quali però, così come sopra indicato, si limitano all’obbligo dell’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale adeguati ai rischi che gli stessi possono correre, dell’utilizzo di attrezzature di lavoro conformi alle disposizioni di legge vigenti in materia di sicurezza sul lavoro ed in particolare di quelle contenute nel Titolo III del D. Lgs. n. 81/2008 e dell’utilizzo di una apposita tessera di riconoscimento qualora gli stessi effettuino la loro prestazione in un luogo di lavoro nel quale si svolgano attività in regime di appalto o subappalto, obblighi che non riguardano invece le altre disposizioni contenute nello stesso decreto anche se, facendo ad esempio riferimento alla individuazione ed alla valutazione dei rischi, non si vede come le stesse possano non essere effettuate non fosse altro perché esse sono prodromiche per determinare quale dispositivo di protezione individuale eventualmente utilizzare e far utilizzare durante l’attività da parte dei componenti dell’impresa familiare stessa.
D’altro canto è chiaro che se il titolare dell’impresa familiare assume nei confronti dei componenti della stessa impresa la veste di datore di lavoro i componenti stessi, prestando la loro attività per conto di essa con un vero e proprio rapporto di subordinazione, diventano a tutti gli effetti lavoratori così come definiti dall’art. 2 comma 1 lettera a) del D. Lgs. n. 81/2008 ed in tal caso il titolare dell’impresa familiare, nella sua qualità di datore di lavoro, assume una posizione di garanzia nei loro confronti ed è pertanto obbligato ad adottare tutte le misure di tutela della salute e sicurezza sul lavoro di cui al D. Lgs. n. 81/2008, quali ad esempio l’istituzione del servizio di prevenzione e protezione e la nomina di un RSPP ovvero il ricorso allo svolgimento diretto dei compiti del servizio medesimo, la valutazione dei rischi, la redazione del documento di valutazione dei rischi (DVR) o del documento di valutazione dei rischi standardizzato (DVRS), la nomina del medico competente, la designazione dei lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi e di gestione dell’emergenza, la formazione ed informazione dei componenti secondo i criteri dettati dall’Accordo raggiunto in seno alla Conferenza Stato-Regioni nella seduta del 21/12/2011, la sorveglianza sanitaria, la promozione della designazione del RLS all’interno dell’azienda, ecc.
Diverso è il caso in cui non si ha a che fare con un’impresa familiare ma, come nel caso in esame, con una società in nome collettivo vera e propria (S.n.c.) gestita da fratelli e parenti. Nelle società in nome collettivo, in particolare, i soci sono considerati come datori di lavoro alla pari e, se prestano attività lavorativa per conto della società stessa, risultano essere, ai sensi dell’art. 2 comma 1 lettera a) del D. Lgs. n. 81/2008 ed ai fini della applicazione dello stesso decreto, anche equiparati a lavoratori subordinati per cui la società dovrà provvedere ad attuare nei loro confronti tutti gli adempimenti previsti dal D. Lgs. n. 81/2008 e s.m.i. e dovrà quindi istituire il servizio di prevenzione e protezione o ricorrere allo svolgimento diretto del servizio medesimo, effettuare la valutazione dei rischi, redigere il DVR o il DVRS, ecc..
Con riferimento alla individuazione del datore di lavoro nelle S.n.c., essendo tutti i soci ritenuti alla pari garanti della sicurezza, è necessario effettuare alcune altre considerazioni. La figura del datore di lavoro è definita dall’articolo 2 comma 1 lettera b) del D. Lgs. n. 81/2008 come “il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa” dove per unità produttiva si deve intendere, così come indicato dalla lettera t) dello stesso articolo 2, lo “stabilimento o struttura finalizzata alla produzione di beni o servizi, dotata di autonomia finanziaria e tecnico-funzionale”.
Nelle piccole e medie imprese il potere decisionale e di spesa è in genere detenuto dallo stesso soggetto titolare del rapporto di lavoro per cui non si pone il problema di individuare la figura del datore di lavoro dell’azienda che coincide con il suo titolare. Nel caso di grandi e grandissime imprese le stesse in genere si articolano in diverse unità produttive dotate ciascuna di autonomia finanziaria e tecnico funzionale alla cui direzione vi è un soggetto titolare dei poteri decisionali e di spesa anche se lo stesso non è titolare del rapporto di lavoro con i lavoratori. E’ in questo soggetto che si individua la figura del vero e proprio datore di lavoro che a sua volta, se si verificano delle determinate condizioni, potrebbe delegare a terzi le proprie funzioni di responsabilità.
Per individuare invece la figura del datore di lavoro nelle società (S.p.A., S.r.l., S.n.c.) si deve tenere conto anche delle attribuzioni e delle deleghe conferite ai vari soggetti della compagine societaria. In tali tipi di organizzazione in genere i poteri decisionali e di spesa, necessari per attuare le norme di prevenzione, sono conferiti all’amministratore delegato della S.p.A. o della S.r.l., o ad uno dei soci della S.n.c. ma in tali casi per individuare con chiarezza la figura del datore di lavoro, proprio per evitare che tutti i soci possano trovarsi coinvolti in faccende giudiziarie relative alla materia della salute e della sicurezza sul lavoro, è opportuno ed è sufficiente che le attribuzioni che fanno capo al socio datore di lavoro risultino specificatamente da delibere societarie interne effettuate per iscritto da esibire all’organo di vigilanza o al giudice in caso di necessità.
fonte: puntosicuro Gerardo Porreca