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Spesso si abusa di termini, o li si usa, senza una piena consapevolezza o fingendo di non capirli fino in fondo.
Oggi intendiamo fare un piccolo approfondimento sulla parola RESPONSABILITÀ.
Il termine responsabilità deriva dal latino respònsus, participio passato del verbo respòndere, rispondere cioè, in un significato filosofico generale, impegnarsi a rispondere, a qualcuno o a se stessi, delle proprie azioni e delle conseguenze che ne derivano.
ARISTOTELE
In filosofia il concetto di responsabilità implica quello di libertà e libero arbitrio, nel senso che ciascuno può essere ritenuto responsabile del suo operato se questo è avvenuto in base ad una libera scelta e non per condizionamenti necessitanti dovuti a leggi fisiche, psichiche o socioeconomiche.
In quest’ultimo caso infatti, la teoria del determinismo esclude la responsabilità personale o la attenua attribuendola non del tutto al singolo ma, ad esempio, alla collettività sociale.
Aristotele si era già posto il problema della volontarietà o meno dell’azione dannosa quando aveva sostenuto che se la causa dell’agire è in noi ne siamo responsabili, il contrario se la causa è fuori di noi, intendendo che un soggetto è responsabile nel momento in cui:
▪la causa dell’atto è interna al soggetto, cioè se il soggetto non è costretto ad agire da qualcuno o qualcosa di esterno;
▪l’atto non è risultato dall’ignoranza, cioè se il soggetto è anche cosciente dell’azione che compie.
Max Weber
Analizzando il rapporto tra etica e politica chiama “etica della convinzione” quella che fa riferimento a valori morali tali che l’azione da questi ispirata possa essere valutata come giusta o ingiusta, senza tener conto delle possibili conseguenze.
Questa etica si ritrova in tutte quelle ideologie, politiche o religiose, che esprimono principi assoluti tali che sia impossibile dubitarne così da giustificare un’azione rivoluzionaria o l’obbedienza cieca a degli imperativi.
Vi è poi, secondo il sociologo tedesco, l'”etica della responsabilità” che si esprime nella vita sociale dove le conseguenze possibili delle proprie azioni vanno accuratamente valutate in base al principio dell’«agire razionale rispetto allo scopo».
Se si osservano le responsabilità richiamate dal D. Lgs. 81/08, non si discostano affatto dai princìpi sopra richiamati sia di ordine professionale, sia di ordine organizzativo, sia di ordine etico.
Responsabilità del dirigente
Il dirigente, in quanto lavoratore subordinato, ha nei confronti del proprio datore di lavoro una responsabilità contrattuale (responsabilità interna) che gli deriva dalla legge, dal contratto collettivo e dal contratto individuale di lavoro.
Egli deve eseguire la prestazione lavorativa con correttezza e buona fede ed è soggetto agli obblighi di fedeltà e diligenza.
Il D. Lgs. n. 81/2008 individua il dirigente come il garante organizzativo della sicurezza del lavoro: ovvero colui che, nell’ambito dell’obbligazione di sicurezza ripartita innanzitutto tra datori di lavoro, dirigenti, preposti, è, anche di fatto (art. 299 D.Lgs. n. 81/2008) la “persona che, in ragione delle competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, attua le direttive del datore di lavoro organizzando l’attività lavorativa e vigilando su di essa”.
Responsabilità del preposto
Il preposto è “persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa”.
È bene quindi concentrarci sul ruolo che si assume o ci viene dato, portando avanti i compiti affidati, piuttosto che ricercare strade che portino a non avere responsabilità.
Fatiche inutili.