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8 Marzo 2021HELP ME
16 Marzo 2021Negli anni sono capitate certamente situazioni con dinamiche simili e sotto descritte.
Alcuni aspetti molto molto simili, del tipo:
Si lavora in due, c’è l’anziano esperto, c’è il giovane, ci sono due esperti, ma alla fine non si capiscono o decidono di fare diversamente e succede il pasticcio con conseguenze molto negative.
Dipende molto spesso dalla prontezza dei soggetti o dalla fortuna l’esito.
Le inevitabili indagini, le SIT e la domanda classica:
“ci sono procedure per questa attività?”
Da lì in poi è storia nota e a volte si arriva alla rassegnazione del…“tanto è sempre colpa mia per cui rinuncio a difendermi”.
Con queste sentenze, in condizioni analoghe, c’è l’opportunità giurisprudenziale che può dare una lettura ben diversa della ricostruzione della verità dei fatti, che va oltre le carte e si basa sulla concretezza.
Un interessante articolo di cui qui di seguito in estratto, merita attenzione.
“Con una sentenza dell’anno scorso (Cassazione Penale, Sez.IV, 15 aprile 2020 n.12177) la Cassazione ha ricordato che “in materia di prevenzione antinfortunistica, si è passati da un modello “iperprotettivo”, interamente incentrato sulla figura del datore di lavoro […] ad un modello “collaborativo” in cui gli obblighi sono ripartiti tra più soggetti, compresi i lavoratori, in tal senso valorizzando il testo normativo di riferimento (cfr. art.20 d.lgs.n.81/2008), il quale impone anche ai lavoratori di attenersi alle specifiche disposizioni cautelari e agire con diligenza, prudenza e perizia”.
Ciò vale a maggior ragione ed in maniera ancora più incisiva sul piano delle responsabilità allorché il lavoratore sia un soggetto particolarmente esperto (per anzianità lavorativa, formazione etc.).
L’anzianità e la formazione quali elementi atti a porre il lavoratore nella condizione di poter cogliere il pericolo ed intervenire: la posizione di garanzia derivante dall’art.20 D.Lgs.81/08
In Cassazione Penale, Sez.IV, 2 novembre 2018 n.49885 la Corte si è pronunciata sulle responsabilità dell’operaio condannato dalla Corte d’Appello per il reato di lesioni personali colpose in danno del collega.
La Cassazione, nella ricostruzione dei fatti ricorda che “il giudizio di responsabilità si fonda sulla ritenuta posizione di garanzia ricoperta dal lavoratore ai sensi dell’art.20, d.lgs. n.81/2008, che, al primo comma, recita: «Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro».”
A questo proposito – prosegue la Suprema Corte – “in materia di infortuni sul lavoro, il lavoratore, in base al citato disposto normativo, è garante, oltre che della propria sicurezza, anche di quella dei propri colleghi di lavoro o di altre persone presenti, quando si trova nella condizione di intervenire per rimuovere le possibili cause di pericolo, in ragione della maggiore esperienza lavorativa”.
Di conseguenza, nel caso di specie, “la Corte territoriale ha ritenuto che l’operaio addetto alla manutenzione, avesse un’anzianità ed una formazione tali da potere apprezzare e cogliere il pericolo creato dalla procedura seguita per calare il macchinario al piano sottostante, in violazione delle disposizioni appena ricevute dal superiore e del disposto normativo dell’art.20, d.lgs.n.81/2008.”
Altre sentenze di cassazione sono state elencate nell’articolo dell’ottima Avv. Anna Gardavilla nell’articolo di cui a link sottostante a cui si rimanda.