DL 146/21 MALATTIA COVID-19 FINO AL 31-12-21
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14 Gennaio 2022Con l’introduzione dell’obbligo vaccinale per i lavoratori over 50, è riaffiorato un vecchio quesito: chi può chiedere se si è vaccinati?
Il datore di lavoro o magari il collega che lavora nella stessa stanza o ufficio, perché ha paura di essere contagiato?
La risposta coinvolge profili di privacy e di tutela del lavoratore dipendente, spiega laleggepertutti.it.
“Innanzitutto un dipendente non è mai tenuto a rispondere ai colleghi su argomenti riguardanti la sua salute.
Per cui chi vuol sapere da un collega se questi si è sottoposto alla vaccinazione obbligatoria Covid-19 non ha diritto a una risposta.
Spetta piuttosto al datore di lavoro garantire la salute negli ambienti lavorativi (art. 2087 cod. civ.) e non ai singoli dipendenti.
Per quanto riguarda il datore di lavoro, in linea generale neppure quest’ultimo ha diritto di porre domande in materia, né al momento del colloquio di lavoro, né in una fase successiva.
È piuttosto il medico aziendale il soggetto preposto a valutare l’idoneità del lavoratore alla mansione, per poi comunicarla al datore di lavoro: quindi il medico stesso potrà chiedere informazioni “sanitarie” al dipendente.
Qualora, però, ci si trovi in ambienti di lavoro per i quali una legge impone la vaccinazione anti-Covid, è onere del datore assicurarsi che tutti i suoi dipendenti siano vaccinati: difatti, l’articolo 2087 del codice civile (sulla tutela delle condizioni di lavoro) impone al datore di tutelare la salute psico-fisica dei dipendenti.
Pertanto, laddove si tratti di categorie di dipendenti per i quali sia stata previsto il vaccino obbligatorio, la domanda da parte del datore di lavoro è del tutto legittima.
E questo vale anche in sede di colloquio di lavoro, prima dell’assunzione: il datore o l’addetto al personale può ben chiedere un certificato di vaccinazione se l’aspirante rientra nelle liste dei soggetti per i quali è richiesto il vaccino.
In tutti gli altri casi, sia in sede di assunzione che successivamente in costanza di esecuzione del rapporto lavorativo, il datore di lavoro non può acquisire informazioni sullo stato di salute dei dipendenti che non siano strettamente attinenti con le funzioni da questi svolte.
Fra l’altro il datore non può neanche accedere, in un momento successivo, alle cartelle sanitarie e di rischio presenti sul database aziendale, facoltà che spetta unicamente al medico competente.
Anche il Garante per la Privacy ha chiarito, nel 2021, che il datore di lavoro non può in nessun caso chiedere ai dipendenti, nemmeno con il consenso, o ricevere dal medico competente, l’informazione sullo stato vaccinale di un proprio dipendente.
Ma la precisazione si riferisce a un periodo in cui l’obbligo vaccinale Covid non era stato ancora approvato.
Dunque, la soluzione sembra oggi opposta alla luce dei nuovi interventi legislativi.
In sintesi:
– un collega di lavoro non ha diritto a sapere se un altro dipendente è vaccinato o meno, neanche se si tratta di un soggetto per il qual vige la vaccinazione obbligatoria;
– il datore di lavoro, invece, ha diritto di avere tale informazione, sia in sede di colloquio che successivamente, solo quando si tratti di un soggetto per il quale la legge preveda la vaccinazione obbligatoria”
fonte https://www.adnkronos.com/sei-vaccinato-chi-lo-puo-chiedere_1mIrcaxH6QWjvPLPEvqdRL
Resta però il fatto che esiste la regola di convivenza e di rispetto reciproco, e quindi di diritto, che vanno esercitati da tutti gli attori.
Un regolamento di accesso facilita il datore di lavoro dall’obbligo della tutela dei propri dipendenti, determina chi può e chi non può accedere negli ambienti di lavoro, quali sono le regole d’ingaggio.
Anche questo, a prescindere dal già citato art. 2087 del codice civile, si chiama educazione civica.